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I casotti di pietra


In Veneto costruzioni in pietra a secco con copertura a tholos sono presenti unicamente in una ristretta area dei Colli Berici meridionali, posti sulle quote più elevate o sulle sommità dei colli orientali che sovrastano la Val Liona, più numerosi nell’ex comune di San Germano dei Berici e in quello di Villaga, ma rinvenuti anche, in forma sporadica, nei territori di Grancona, Sossano, Orgiano, Barbarano Vicentino, Sarego e Zovencedo.

Quasi tutti i casotti finora individuati nell’area berica sono stati realizzati dai contadini locali con la funzione di rifugi temporanei per sé e per i piccoli animali domestici oltre che di deposito degli attrezzi agricoli: l’economia locale era fino alla metà del Novecento caratterizzata da un’agricoltura di sussistenza associata a una generale scarsità di risorse naturali e a una notevole frammentazione degli appezzamenti coltivati, in particolare a vigneto e a oliveto e posti, il più delle volte, a una considerevole distanza dalle abitazioni permanenti, situate nei centri urbani pedecollinari e nelle contrade isolate sul colle.

Le strutture si presentano in prevalenza secondo la forma “primaria (o primitiva) emisferica e decadente”, meno frequentemente assumono la forma “primaria ogivale”, mentre più comuni sono i casi in cui il ricovero appare inserito nella parte terminale dei muri a secco di recinzione o nelle barriere di contenimento dei terrapieni oppure sorgono isolate all’interno degli appezzamenti coltivati; solo in pochi casi si ha la capanna a pianta quadrata o rettangolare.

Nel complesso, tra le diverse tipologie osservabili, prevalgono nettamente quella semincassata, all’interno di masiere o di terrazzamenti, e quella isolata nella campagna coltivata, mentre rare appaiono quella incassata o come chiusura di anfratto.

Le pietre utilizzate per la costruzione dei casotti sono blocchi o lastre di roccia calcarenitica, di modeste proprietà meccaniche trattandosi di un calcare organogeno leggermente argilloso e formato da materiale clastico molto eterogeneo e grossolano e da resti fossili, ricavato dalla bonifica dei terreni agricoli.

L’ambiente interno è di modeste dimensioni e si presenta variabile nella forma, in genere circolare o subcircolare.

L’estradosso della copertura a tholos veniva in genere ricoperto da un piccolo strato di terriccio su cui venivano fatte crescere delle piante di iris o di edera, in modo da ridurre le infiltrazioni di acqua all’interno.

Il casotto de pria è una costruzione elementare con un unico vano interno, con pareti alzate in pietre a secco e normalmente prive di finestre o anche di piccole aperture, escluso qualche raro caso.

Tutti i casotti hanno una bassa apertura che serve da ingresso e per dare un minimo di luce all’interno. Generalmente i vani interni sono di piccole dimensioni, tali da poter ospitare al massimo tre o quattro persone. Per accedere all’interno è necessario curvarsi e procedere carponi dal momento che la porta, formata da stipiti, sempre in pietra, costruiti con massi più grossi e squadrati, sormontata da un rozzo lastrone a guisa di architrave, oltre ad essere piccola, era piuttosto bassa in modo da mantenere quel poco di calore che si sviluppava all’interno, accorgimento questo che trova dei parallelismi stretti in altre capanne a secco delle aree fredde o di montagna.

Anche all’interno, comunque non è quasi mai possibile, per una persona adulta, alzarsi in piedi. Il pavimento, solitamente di terra battuta, si poteva trovare al piano d’ingresso oppure in posizione leggermente ribassata.

Per quanto riguarda la costruzione vera e propria della struttura si nota come lo spessore dei muri perimetrali (60-80 cm) appaia sovradimensionato rispetto al volume della cella abitativa. Queste proporzioni, comuni a tutti gli edifici a cupola in pietra a secco, sono necessarie per le leggi della statica: un muro meno massiccio non potrebbe reggere alla pressione di spinta esercitata dalla cupola di pietre. Gli interstizi e le fessure tra le pietre di maggiori dimensioni venivano riempiti con piccole scaglie di roccia e, a volte, si provvedeva a collocare anche esternamente un secondo strato di pietrisco, su cui veniva posto un rivestimento di terra argillosa, con lo scopo di aumentare l’impermeabilizzazione della costruzione.

I casotti erano posti ai margini di uno spazio aperto e con l’ingresso rivolto quasi sempre verso un’area coltivata, una serie di rive terrazzate, un oliveto o un vigneto. Questo avveniva soprattutto nel caso di casotti costruiti in piano come anche lungo le pendici non eccessivamente ripide e in questo secondo caso l’ingresso era verso valle per sfruttare al massimo l’appoggio della capanna al terreno retrostante; se al contrario, i versanti erano piuttosto ripidi e lo spazio a disposizione scarso, l’ingresso si apriva perpendicolarmente alle curve di livello, permettendo un accesso più comodo. In ogni caso sembra prevalere un orientamento delle aperture verso sud, o sudovest e, in secondo piano, verso nord o est.

 

(descrizione tratta dal libro “Casotti di pietra. Le genti e la cultura della pietra a secco sui Colli Berici”. Autori: Carlo Formenton, Alberto Girardi, Maurizio Merlin. © 2022 Casa editrice: Cierre edizioni).

Visit Val Liona APS ringrazia gli autori per il meticoloso lavoro di studio effettuato e per la disponibilità concessa riguardo alle foto sotto riportate, relative ad alcuni casotti che si incontrano percorrendo il Sentiero di San Germano, le cui info sono presenti al seguente link.

Categoria: Cultura e storia locale

Dati informativi


Immagini


casotto Graziotto

casotto Candian

casotto del Bosco Boro

casotto Ghenzo